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Il riassunto finale degli studi sul clima dell’IPCCil Panel intergovernativo su cambiamento climatico delle Nazioni Unite, lo è la bibbia dei governanti per i prossimi anni: è necessario agire ora o sarà troppo tardi fermare io danni devastanti dal crisi climaticaPerché “Le attività umane hanno inequivocabilmente causato il riscaldamento globale. Le emissioni di gas serra che il mondo sta affrontando adesso” Sono “il risultato delle emissioni storiche e attuali” dovuto “ad un uso insostenibile dell’energia, la valorizzazione dei territori, degli stili di vita e dei modelli di consumo e produzione”.

È un documento che viene sottoposto a doppia approvazione, da parte degli scienziati e degli stessi politici, per avere la più ampia base di credibilità, e in cui ogni affermazione è meticolosamente calibrata e valutata. “I messaggi principali – spiega Lucia Perugini del Centro Euro-Mediterraneo per i cambiamenti climatici – sono tre: ilimportanza mantenere vivo l’obiettivo di 1,5 gradi rispetto all’era preindustriale; ILIl fatto che dobbiamo raggiungere il picco delle emissioni entro il 2025e infine una nota di speranza: i benefici degli investimenti nella riduzione delle emissioni superano i costi delle misure di adattamento necessarie per combattere i disastri climatici”.

Il nuovo rapporto mostra che i governi non hanno più scuse per ignorare gli enfatici avvertimenti di questo decennio critico”, ha commentato Harjeet Singh, responsabile della strategia globale presso Climate Action Network. Secondo gli esperti dell’IPCC, ciò che resta degli anni ’20 è centrale: di questo passo, la soglia psicologica di 1,5 gradi sarà superata entro la metà del prossimo decennio. Diamo quindi un’occhiata alle principali cifre che descrivono il cambiamento climatico.

Dal rapporto emergono 10 numeri per capire le sfide del futuro:

1,5 gradi

È il numero più importante di tutti. L’obiettivo dei governi, secondo l’IPCC, deve essere mantenere l’aumento delle temperature globali entro un grado e mezzo dall’era preindustriale. Si tratta di un obiettivo suggerito dalla scienza e più ambizioso di quello negoziato a livello governativo: l’accordo sul clima di Parigi prevede, infatti, di mantenere il riscaldamento”ben al di sotto dei 2 gradi”, una soglia che si è rivelata insufficiente. La differenza nel breve termine non conta, ha sottolineato il panel: in entrambi i casi serve una spinta immediata, già a partire da questo decennio.

2025

Secondo gli studiosi dell’IPCC questo è l’anno in cui l’umanità dovrà raggiungere il picco di emissioni di gas serra: successivamente, dovranno scendere progressivamente. Ancora una volta si tratta di un obiettivo decisamente ambizioso, soprattutto perché i Paesi in via di sviluppo fanno ancora ampio uso di combustibili fossili e non sono, da soli, in grado di sostenere i costi di una transizione energetica.

2030

Un anno chiave per Bruxelles. Per raggiungere obiettivi climatici a lungo termine è importante fissare traguardi intermedi: il punto è monitorare i progressi e avere spazio per possibili contromisure. L’Unione Europea ha una delle normative climatiche più avanzate al mondo e con il programma Fit for 55 si è posta l’obiettivo di rridurre le emissioni di gas serra del 55% rispetto al 1990 entro il 2030.

2050

Un’altra data fondamentale per l’Europa, che si è posta l’obiettivo di raggiungere la neutralità climatica (il cosiddetto zero netto) entro la metà del secolo. La neutralità climatica è l’equilibrio tra emissioni di gas serra e assorbimento, che deve essere uniforme. Come fare? Oltre a rendere più efficienti i settori industriale, energetico e dei trasporti, una risorsa fondamentale è la protezione delle foreste e degli oceani, in grado di assorbire grandi quantità di anidride carbonica. Ma la lista delle opzioni è lunga, e comprende anche il ricorso a particolari pratiche agricole (carbon farming). C’è una novità: il segretario delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha proposto che gli Stati appartenenti all’OCSE (l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo, club che accoglie i Paesi più sviluppati) anticipino di dieci anni la soglia per arrivare allo zero netto, portandolo al 2040. Non solo. Guterres, tra le altre cose, ha invitato le industrie del petrolio e del gas a “essere parte della soluzione del problema” E “credibile”. “Finanza“, Ha aggiunto, “ha bisogno di segnali chiari”.

10%

E il percentuale di emissioni di gas serra continentali che le foreste dell’Unione europea sono in grado di assorbire. I dati rendono evidente l’importanza della conservazione del patrimonio forestale. Tuttavia, raccomandano gli esperti, deve essere gestito e non semplicemente aumentato.

2.400

Suo gigatoni di anidride carbonica cumulativa emessa dall’umanità nel periodo compreso tra il 1850 e il 2019, quindi nell’arco di 169 anni. Il 58% è stato emesso tra il 1850 e il 1990, ma quasi la metà tra il 1990 e il 2019, nell’arco – cioè – di appena 29 anni. Un dato che riflette lo sviluppo di ampie porzioni del globo e che spiega l’urgenza di trovare soluzioni immediate che conciliano le esigenze di questi Paesi con la lotta al cambiamento climatico.

59

Sono i gigatoni di CO2 equivalenti emessi nel 2019 secondo l’IPCC: 12% in più rispetto al 2010ma un buon 54% in più rispetto al 1990. Una drammatica accelerazione.

79%

È la percentuale di emissioni di gas serra che, nel 2019, provenivano dai settori dell’energia, dell’industria, dei trasporti e delle costruzioni considerati insieme. La riduzione delle emissioni dovuta al miglioramento dell’efficienza dei processi è stata più che compensata dall’aumento dei consumi di carburante.

3,6 miliardi

Sono le persone che ci abitano aree poco o poco sviluppate del globo, secondo l’IPCC. Il paradosso è che, pur essendo quelle che contribuiscono meno al cambiamento climatico, sono proprio queste regioni a risentirne maggiormente.

20 anni

È quello che potremmo definire inerzia climatica. Gli effetti delle politiche attuate oggi saranno visibili entro due decenni. Ciò rende estremamente difficile convincere l’opinione pubblica della necessità di misure che possano incidere sugli stili di vita dei consumatori. Il lavoro di comunicazione sul clima deve essere costante, avvertono gli esperti, anche in presenza di temi molto lontani nella percezione della popolazione come la guerra.

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