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La pseudo-scienza razziale riflette le tendenze politiche e sociali del tempo. Un altro esperto storico del Medio Oriente, Elisa Burton, ha raccontato come in Turchia e in Iran c’era una forte enfasi sulle categorie nazionali, specialmente nei primi anni della formazione dello stato, negli anni ’20, ’30 e ’40. I governi turco e iraniano erano molto preoccupati di consolidare la loro autorità e temevano di perdere terreno a favore di movimenti nazionalisti concorrenti, che potevano diventare separatisti. Le loro strategie di governo erano basate sull’imposizione di un’unica identità nazionale-etnico-linguistica che avrebbe dovuto unificare la popolazione. Dietro questi paragoni c’era anche un altro obiettivo di politica estera: far sì che iraniani e turchi fossero considerati”bianchi”, come gli europei, e di conseguenza ricevono lo stesso tipo di rispetto diplomatico che le nazioni europee si accordavano reciprocamente.

Genetica e storia

Al contrario, negli anni Cinquanta, durante l’età d’oro del presidente egiziano Gamal Abd el-NasserIL panarabismo ha influenzato il modo in cui la scienza e la politica hanno compreso il significato dell’identità araba e l’ascendenza araba condivisa. In Libano, ad esempio, gli scienziati dell’Università americana di Beirut hanno unito le teorie evoluzionistiche più avanzate con le storie di migrazione in Medio Oriente, per fornire una spiegazione progressiva alle differenze di patologie registrate tra le diverse comunità religiose del Paese. In questo modo si voleva evitare una spiegazione che finisse per associare le malattie a specifici segmenti demografici, che sarebbe andata in conflitto con la internazionalisti del panarabismo.

Oggi il Tunisiafortemente indebitata e dipendente dalle importazioni, è alle prese con una grave crisi economica che ha preceduto l’acquisizione di Saïed nel 2019, ma che si è aggravata all’indomani dell’invasione diUcraina dal Russia. Da quando ha assunto il pieno potere esecutivo, Saïed ha neutralizzato il parlamento e ha fatto approvare una nuova costituzione che gli dà un controllo quasi illimitato e rende quasi impossibileincriminazione. Il nuovo parlamento è stato votato nel dicembre dello scorso anno con meno del nove per cento degli aventi diritto al voto. Le autorità hanno processato diversi oppositori nei tribunali militari e gli attivisti dicono che stanno ripristinando un sistema più autoritario di quello del dittatore Zine al-Abidine Ben Alistabilito oltre un decennio fa durante proteste e disordini che hanno preso il nome giornalistico di Primavera araba.

L’accentramento dei poteri di Saïed sta condizionando le istituzioni e gli ambiti della società civile: dalla libertà dei media al sindacalismo. Eppure, centinaia di manifestanti continuano scendere in piazza per contrastare questa deriva. La questione non è quindi se la Tunisia sia diventata razzista, ma come le élite politiche delle ex colonie, che siamo abituati a vedere come vittime della supremazia bianca, possano usa la razza come argomento politico: a volte sulla base di pregiudizi locali, a volte in un gioco di scambi ideologici con la destra occidentale. Piuttosto che giudicare con le categorie del colonialismo o del paternalismo, dobbiamo interrogarci sul progetto politico dietro queste strumentalizzazioni, ovunque avvengano.

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